Dopo la festa della donna è in arrivo quella del papà che ci ricorda l' espressione Avair paghèi dågg' bajûc (avere pagato i dodici soldi) ormai disusata come la consuetudine che la fece nascere.
Fino a circa gli anni Quaranta molti genitori bolognesi, anche se di altre parrocchie, battezzavano i neonati nella chiesa di San Pietro. Finita la cerimonia si andava in sacrestia per ritirare il certificato di battesimo pagando la tariffa che in origine era di dodici soldi, di solito a carico del neo-papà. Così nell' immaginario popolare quel tributo divenne un attestato di paternità, sia pure ufficioso.
Quando si chiedeva a qualcuno Cal cínno êl tô fiôl? (quel bimboè tuo figlio?), capitava di sentirsi rispondere Mah, an sò brîsa, i dågg' bajûc ai ò paghè mé... (non so, i dodici soldi li ho pagati io). A un noto mercante bolognese furono inviati dodici soldi e un foglietto anonimo che diceva «è un rimborso, il battesimo doveva pagarlo un altro». La moglie, messa alle strette, confessò l' adulterio e l' uomo trovò una triste conferma del proverbio Chi é bacc l é l ûltum a savairel (chi è cornuto è l' ultimo a saperlo).
Però allevò il bambino come un vero padre, ripetendo spesso agli amici I dågg' bajûc ai ò paghè mé e quall l é mi fiôl (i dodici soldi li ho pagati io e quello è mio figlio)
fonte: repubblica.it
articolo di Luigi Lepri
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