Spesso mi sono alzato senza essere stato nemmeno chiamato e, come un sonnambulo, sono andato ad accertarmi che mio figlio dormisse coperto.
Anche oggi, che Dodokko dorme nella stanza vicina alla mia, mi accorgo che il suo e il mio respiro hanno la stessa frequenza e che i nostri toraci si alzano e si abbassano con lo stesso ritmo. Ciascuno di noi concilia il sonno dell'altro, ma qualsiasi disturbo dell'uno si propaga nella mente di chi gli è vicino.
Ci separa un muro, è vero, ma le pareti di casa nostra sono fatte di vetro e in mezzo ci scorre tutta l'aria che vogliamo.
Siamo simbiotici più che mai nel sonno: gli occhi di papà sono chiusi e anche lo orecchie riposano, ma la mente, che per ogni altra cosa è incosciente, resta sempre sintonizzata sulla frequenza di quella del figlio.
Tutto ciò capita da tre anni e mezzo e a tutto questo ho fatto ormai l'abitudine. Il mio sonno è tale da essere composto da intermezzi di veglia e al mattino mi sento riposato, rassicurato nel vedere l'alba oltre le lame della serranda.
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