"L'aggressività è un'energia, una forza vitale presente nel bambino sin dalla nascita, quindi ancor prima che possa esprimere i suoi impulsi intenzionalmente”. (D.W.Winnicott)
L'etimologia della parola stessa ad gredi, significa andare verso... verso gli altri, verso la vita, verso la realizzazione di sé. E' forza vitale e positiva, promuove il movimento del bambino verso l'autonomia, l'esplorazione e sin dalla nascita rappresenta il mettersi in relazione con...
L'aggressività è quindi una pulsione sana e funzionale ai bisogni di crescita del bambino. D.W.Winnicott, pediatra e psicanalista infantile, scriveva che "l'aggressività fa parte dell'espressione primitiva dell'amore, ed è legata all'oralità del bambino, all'esperienza sia fisica che mentale della fame, al piacere, al nutrimento ed alla sua insoddisfazione, che genera frustrazione, rabbia e ostilità, e desiderio di distruggere proprio l'oggetto di desiderio e di amore".
Un impulso da educare
D.W.Winnicott parla di due facce della stessa medaglia che sono: nutrire e distruggere. Ciò significa che l'aggressività se mal gestita, può diventare energia distruttiva per sé e per gli altri.
Nell'educazione del bambino è importante
- trasmettere l'esistenza di entrambe le due facciate
- insegnare a gestire il piacere ma anche la frustrazione derivante delle esperienze quotidiane con il cibo, con i desideri, nei rapporti con le altre persone ecc.
L'aggressività è pertanto un impulso da educare perché senza una gestione il bambino tenderebbe istintivamente ad esplosioni di rabbia, fino ad indirizzare tale energia verso se stesso o verso gli altri. Di conseguenza, in momenti di crisi o di opposizione, tale comportamento potrebbe innescare la tendenza a farsi del male (come sbattere la testa contro il muro, o sbattersi oggetti addosso), indicando quanto, in questi casi non ci sia una adeguata interiorizzazione e consapevolezza nel bambino del concetto di limite e di pericolo.
Quale percorso seguire?
E' importante sapere che prima di potere incanalare le tendenze aggressive il bambino deve imparare a riconoscerle dentro di sé. Questo avviene iniziando a "dare un nome" ed un significato alle azioni che mette in atto, trasformandole prima in emozioni, poi in sentimenti ed intenzioni.
La trasformazione, dall’azione al pensiero, è fondamentale perché consente al bambino di accettarla come parte di sé e di conseguenza di controllarla come fa già per ciò che conosce. Questa sorta di elaborazione mentale avviene già in modo molto semplice nei bambini, attraverso il gioco ed il sogno per esempio, poiché permettono di rappresentare ad un livello simbolico i piccoli conflitti interiori. Ma è principalmente nella quotidianità con il prezioso supporto del genitore, che il bambino impara a controllare gli impulsi e le reazione emotive.
Gli strumenti che un genitore può usare sono:
- Il gioco libero (fare arrabbiare il bambolotto, farlo parlare...)
- La corporeità (esempio: "se sei arrabbiato sbatti forte forte i piedini poi vedrai che ti sentirai meglio!")
- La narrazione di favole (storie in cui il personaggio affronta situazioni simili a quelle che sta vivendo il bambino)
- Il contenimento fisico ed emotivo (tramite accordi comuni e condivisi tra i genitori. Per esempio di fronte ad una richiesta negata: "vedo che sei arrabbiato, questa cosa non va bene, non si può fare, papà sta vicino a te, stringimi e cerca di rilassarti").
Come influisce l'aggressività nella vita affettiva del bambino?
L'aggressività eccessiva, intesa come reazione incontrollata, ed incapacità di tollerare le minime frustrazioni, influisce negativamente sulla qualità di vita del bambino quindi sul suo sviluppo affettivo e sociale. In entrambi i casi dipende dall'educazione data nell'ambiente familiare e dalla gestione che viene fatta alle sue prime "bizze", ai suoi attacchi di rabbia, ostilità o di gelosia. E’ un compito delicato perchè se tali reazioni vengono represse come se fossero un qualcosa di "catastrofico", gestite con il classico “scapaccione”, o al contrario ignorate come se non avessero importanza, inevitabilmente causano nel bambino confusione e smarrimento piuttosto che aiutarlo a comprendere come valutare e gestire i propri impulsi.
Quando si parla di patologia?
L'aggressività è energia, quindi se presente in eccesso e mal gestita, ha buone probabilità di diventare “patologica” in età evolutiva, favorendo la strutturazione di particolari disturbi come ad esempio l’iperattività i comportamenti oppositivo-provocatori:
L'iperattività (senza o con deficit di attenzione - ADHD/Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è una delle patologie più diffuse, emersa negli ultimi anni, coinvolge attualmente un maggior numero di bambini. In questo caso c'è un aumento dell’attività motoria, un’irrequietezza ben diversa dalla vivacità che può assumere varie forme: non riuscire a stare seduti per più di qualche minuto o camminare nervosamente su e giù per la stanza, come in classe per esempio. Tale comportamento va spesso a rallentare e ad interferire con altre funzioni quali l'attenzione e l'apprendimento. Anche il gioco non è in realtà un "gioco goduto", ci sono bambini che distruggono solo, oppure che non riescono a stare in fila all’allenamento di calcio, per esempio. Questa irrequietezza influisce negativamente sul rendimento scolastico del bambino, di conseguenza sull'autostima e sulla motivazione allo studio.
I bambini con comportamenti oppositivo-provocatori, presentano un atteggiamento aggressivo-distruttivo, disobbediente, provocatorio e ostile verso le figure di autorità. Il bambino spesso va in collera, litiga con gli adulti, sfida attivamente le regole, accusa gli altri per i propri errori, si rifiuta di rispettare le regole, è suscettibile e spesso irritato dagli altri, spesso è arrabbiato o rancoroso, dispettoso o vendicativo. Tenendo presente che gli anni dello sviluppo sono contrassegnati da un crescente senso di individuazione e autonomia, di conseguenza l’ostinazione fino a sei anni è normale che ci sia, quando supera certi limiti oltre i sei anni invece si potrebbe pensare ad un disturbo oppositivo-provocatorio.
Quali conseguenze?
A lungo termine, senza un intervento adeguato, per il bambino potrebbe diventare “normale” comportarsi in un certo modo fino a sviluppare già in preadolescenza problematiche antisociali, vandalismo, bullismo ed abuso di sostanze.
Il clima emotivo in famiglia
Come al solito, più che le parole è importante ciò che il bambino vede in famiglia, quindi anche e soprattutto come i genitori si comportano.
Alcune considerazioni utili:
- Anche la rabbia è un sentimento naturale: prima di insegnare ai bambini questa lezione è importante che il genitore sappia e dimostri di saper accettare la propria aggressività come impulso naturale, che si può esprimere in modo assertivo e non distruttivo (Esempio: “in questo momento la mamma si sta arrabbiando, potresti fare ciò che ti ho chiesto?”).
- Dopo una discussione accesa tra moglie e marito è bene che il bambino veda che i sentimenti di stima non vengono scossi. Il bambino comprenderà che essa non manda in frantumi un legame o l'amore tra i genitori. C'è modo e modo di esprimere l'aggressività: alcuni giusti altri sbagliati: è una lezione che il bambino non imparerà mai se vede il genitore urlare e fare il prepotente, anche a parole, beninteso!
- Tale manifestazione infantile dell'aggressività non insegna a dominare gli impulsi cosa di cui il bambino ha assolutamente bisogno. L'aggressività è un'importante energia che non deve dominare la nostra vita e quella degli altri:
L’aggressività è uno stato d’animo che non deve infiltrarsi in tutte le relazioni ma deve essere gestito e circoscritto, come il famoso "lasciare i problemi del lavoro fuori dalla porta di casa", evitando così di arrabbiarsi con il coniuge per fatti estranei alla famiglia.
Può essere di buon esempio per il bambino vedere il genitore alle prese con quotidiane preoccupazioni, che ne parla in famiglia e si confronta, ma senza che questo lo faccia andare "fuori dai gangheri". Ciò non compromette di certo il clima familiare e non toglie tempo ed attenzioni ai bambini, anzi può essere di esempio insegnando loro come sia importante saper collocare i propri problemi nella giusta dimensione.
Bibliografia:
J. Elliott, M. Place, Interventi di psicologia clinica dello sviluppo, Erikson, 2001
Appunti autori vari, L'aggressività nel bambino, 2002
D.W.Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, 2005
fonte: pediatriapratica
articolo di Dott.ssa SILVIA TONELLI Psicologa, Rimini
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