Nella società di oggi, il tasso delle separazioni aumenta con modalità esponenziali, così come la formazione delle seconde unioni. I figli, protagonisti assoluti di tali eventi, vivono con modalità destruenti la separazione, che genera grandi quote di angoscia, paura e sofferenza all’interno della vita psichica e relazionale dei bambini. Proveniamo da una totale assenza di educazione all’emotività, sessualità e relazionalità, ed in condizioni estreme, nutrite ed amplificate dalla sofferenza e dai sensi di colpa per il fallimento di un matrimonio, questa assenza di formazione si avverte ancora di più. Non esiste una “preparazione alla separazione”, i coniugi infatti, mettono in discussione tutto, spesso senza tregua, rivisitando all’insegna del dolore e della rabbia loro stessi, il legame, il loro passato e, soprattutto la genitorialità, che diviene il campo di battaglia per legali, mantenimenti e manipolazioni affettive.
Le dinamiche psichiche che muovono le fila di una separazione, vengono amplificate da acredine, comportamenti scarsamente adattivi e, spesso manipolativi. La separazione, come evento psichico e non legale, viene paragonato ad una “condizione di lutto”, con l’aggravante che dal coniuge vivente non ci si può separare mai del tutto, in special modo quando ci sono figli in comune.
Il “divorzio psichico” è un processo emotivo che necessita di tempi lunghi e di un passaggio obbligato attraverso parecchie fasi, intrapsichiche e relazionali. La separazione, viene caratterizzata dalla perdita di parti della propria identità legate all’altro (Il Sé comune, il proprio Sé come coniuge, il Sé amato e pensato dall’altro), è un processo di elaborazione del lutto a tutti gli effetti, così come quando si perde una persona cara, perché deceduta. La perdita, impone una ristrutturazione dell’identità del separato, l’unico ambito certo e legato alla sfera dell’identità, rimane la genitorialità.
I figli, alla luce di questi disfunzionali processi psichici ed emozionali, vengono iperinvestiti di altro da loro, diventano “partner sostitutivi”, (prendono il posto del genitore che è andato via), oggetti del desiderio, strumenti consolatori di angosce genitoriali, dando spesso vita ad un processo disfunzionale detto: inversione di ruoli (bambini genitorializzati), bambini, che consolano e proteggono il genitore sofferente. A seguito di questi meccanismi, la sofferenza dei bambini, non trova spazio per poter essere espressa, sono costretti così a reprimerla e metterla a tacere, con il rischio di vivere dolorose somatizzazioni.
I bambini, corrono il rischio di rimanere danneggiati, se non hanno avuto lo spazio ed il tempo necessario per esprimere il loro dolore, sviluppano così “identità fragili”, abitate da dubbi, incertezze, in un mondo sentito come ostile e portatore di dolore e sofferenza. Il bambino però, può sopravvivere e superare la separazione dei genitori, se entrambi i genitori remeranno a favore, verso lo stesso obiettivo e stessa traiettoria (la genitorialità), senza svalutare l’altro, screditarlo, danneggiarlo, ma custodendo con e per il figlio, un’immagine di “genitore buono”, in modo che il bambino possa introiettarla, custodirla ed adoperarla in seguito.
Dottoressa Valeria Randone www.valeriarandone.it
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