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Home Page > PATERNITĀ > Articolo Inserito il  03/07/2010

Diventare papā: le reazioni dell’uomo all’arrivo di un figlio  
Paternitā Oggi - Diventare papā: le reazioni dell’uomo all’arrivo di un figlio

Un'interessante "miscuglio" di voci, di quelle voci che spesso si perdono nel eb. Questo articolo, trovato in magazine.liquida.it raccoglie queste informazioni

Come reagiscono i padri di fronte all’arrivo di un figlio? ci sono gli assenti ingiustificati ma ci sono anche quelli che con entusiasmo si occupano dei figli e vogliono emanciparsi dal ruolo secondario in cui sono incasellati.

L’arrivo di un bambino rappresenta per tutte le coppie un momento delicato e i rapporti vengono riconfigurati: orari e abitudini cambiano radicalmente e ci si ritrova a provare un amore così grande per un essere umano che è parte di entrambi i genitori. Un’esperienza entusiasmante che mamma e papà vivono con emozione, anche se non sempre nello stesso modo.

E allora, facendo un giro per la blogosfera, cerchiamo di scoprire come reagiscono i papà alla gravidanza e alla nascita del primo figlio.

Essere Mamma fa un’analisi molto scientifica e documentata di come cambia il rapporto sessuale in gravidanza e di quali possono essere gli atteggiamenti maschili di fronte alla metamorfosi fisica della propria compagna:

Durante il periodo della gravidanza l’ uomo può cambiare il suo desiderio nei confronti della propria compagna incinta: può conservare un desiderio molto vivo, trovando la propria donna radiosa e ancora più sensuale, oppure può trovare molto faticoso e complicato adattarsi a questa nuova situazione.
L’ uomo vede il ventre crescere e il corpo della propria donna trasformarsi, e vede perdere anche il suo lato seduttore.

Il consiglio finale è quello di rendere partecipe fin da subito il papà all’evento perché si senta coprotagonista e non solamente corollario alla maternità. In questa direzione va anche la proposta delle Donne Manager d’Italia di allargare il congedo di maternità obbligatorio anche ai padri, coinvolgendoli totalmente anche da un punto di vista lavorativo. Di questo argomento ho trattato diffusamente anche in un precedente post su Liquida.

Anche Comunicazione Condiviso punta sull’importanza della parificazione dei ruoli e su come è cambiato il modo di fare il papà con il tempo:
Riportiamo in quest’ottica uno studio pubblicato sulla rivista dell’Associazione Culturale PEDIATRI “Quaderni ACP” circa un anno fa, tratta dal sito www.vocidibimbi.it, al quale vi rimandiamo per un approfondimento sulla metodologia e i risultati.
La Premessa dello studio è che negli ultimi anni il comportamento dei padri durante la gravidanza e il parto è risultato modificato rispetto al passato e orientato ad una maggiore partecipazione, e l’obiettivo di tale ricerca è indagare come i padri vivono l’attesa del figlio e quali sentimenti ed emozioni sviluppano dopo la nascita.
I Risultati della ricerca confermano la consapevolezza da parte del campione del proprio ruolo di padre, la conoscenza delle competenze del neonato, la voglia di prendersi cura del figlio senza delegare altri, il desiderio di protagonismo al fianco della madre. Il questionario somministrato dopo il parto rileva emozioni forti, desiderio di contatto fisico col neonato, sentimenti di protezione, felicità e tenerezza alla vista della prima poppata, mostrando un padre consapevole delle emozioni suscitate dall’esperienza della nascita, disponibile a partecipare all’accudimento fin dai primi momenti dopo il parto.

Mamma Imperfetta sottolinea quella che è – secondo lei – la vera sfortuna di un papà, all’interno di una famiglia tipo:
Infine ho pensato ai padri. Ai padri che spesso rientrano da 12 ore fuori casa con la faccia stanca e la testa pesante. Ho pensato che sono sfortunati.
Perchè i figli sono piccoli solo una volta.

E così ci sono papà che raccontano nel proprio blog dei momenti di intimità con i figli e ci documentano il fatto che vogliono esserci e che – davvero – la genitorialità è molto cambiata.

Leggete questo bel post di Canneori’s family blog in cui papà Tiziano descrive una notte di veglia con la sua bambina:
  …mi ritrovo immerso nel buio del salotto a cullare la Cecilia che combatte contro la fame, il nasino perennemente chiuso e i dentini che non vogliono spuntare… e penso…
In piedi, tento di calmarla con il contatto del mio corpo e con qualche ninna nanna appena sussurata; lei tenta di rilassarsi e nel mentre tenta varie forme di strangolamento mentre io continuo a pensare…
…mi guardo intorno e immagino di essere nel futuro dove robot nascosti nel buio mi guardano curiosi; poi mi ricordo che sono i led del televisore, del forno, del decoder e del Mac che sonnecchia in stand-by e mi tranquillizzo sapendo di non essere diventato matto…e continuo a pensare…
Stare in piedi nel cuore della notte, in silenzio senza poter fare altro ti lascia molto spazio ”all’approfondimento” nel senso che devi stare lì, al buio, a dondolare il ”fagottone” mentre la mente può viaggiare in mille direzioni…
Ormai non mi sento neanche più tanto stanco; avere il sonno frammentato è diventata un’abitudine che non mi disturba più di tanto… di fatto vivo in uno stato perenne di semi – coma; la mia vivacità dipende da quello che faccio: se vado a correre sono pimpante e mi riprendo un pò mentre se la sera mi metto nel letto vicino a Matteo a leggergli le favole finisce che mi addormento “molto” prima di lui!

 Stanotte la Ceci si è presa 2 ore di pausa(?!), dalle 2 a oltre le 4 e devo dire che non è stato semplice; mi sono venute in mente brutte cose del tipo “…ma chi ce l’ha fatto fare…” e altri concetti similari ma poi me ne sono subito pentito. ”E’ la stanchezza“, mi sono detto e l’ho detto anche a lei che nel mentre mi guardava sorridente facendo “aaoo uoo oaoa ododi cococo“.
Allora sono andato indietro con la mente a quando io e Silvia eravamo novelli fidanzati, pieni di impegni, di cene, aperitivi, sciate, uscite in camper… insomma “giovani” indaffarati, unicamente presi da noi stessi e ho pensato a quali progetti facessimo all’epoca, a come vedevamo il nostro futuro, cosa ci aspettavamo di bello dal domani…
 “Che sciocco che sono“, mi sono detto sorridente come se avessi ricevuto un’illuminazione, “…ma a te e a Matteo pensavamo; ecco cosa di bello ci aspettavamo dal domani!“ ho semi-urlato alla Ceci che m’ha guardato stupita. Allora me la sono abbracciata stretta stretta, le ho dato un morsettino sulle poppette grasse e lei si è lasciata andare ad una risatina tutta goduta.


Ma non pensiamo che vada sempre così: sono moltissime le coppie scoppiate oggi con figli e quasi sempre a non essere presenti sono i padri. Ce lo racconta bene Sorelle d’Italia:

    Madri, sempre, e quasi mai padri: assenti dal quadro, non si capisce se per disinteresse, eccessivi impegni lavorativi o vergogna di avere messo al mondo figli “idioti”. E poi ci sono loro, i bambini: affaticati, commoventi, desiderosi di migliorare, di imparare, di riuscire a domare le lettere ballerine, ma demotivati da genitrici urlanti e maestre saccenti, incapaci di mettersi nei loro panni.
La famiglia tradizionale: una roba che Faye Dunaway con le grucce di ferro sembrava Maria Montessori, al confronto.
Sempre Sorelle d’Italia offre uno spaccato della mentalità italiana di fronte alla formazione di una famiglia:
Gli uomini italiani vogliono che le donne facciano figli, e poi, però, pretendono che siano unicamente loro a crescerli (le madri, intendo). Gli uomini italiani sono rimasti in gran parte al vecchio motto: “Io porto a casa i soldi”. Gli uomini italiani pensano anche che ad una donna incinta vada subito stroncata la carriera, chissà perché poi. Ma non basta. Ora vogliono pure che la donna non si assenti più di tanto al lavoro, o gli sballano i bilanci.
Ecco, penso che sia tempo che le donne incrocino per un po’ le braccia, mettendo in mano ai padri dei loro figli oggetti “inconsueti”, come biberon, manici di carrozzine (e scope, perché no), termometri, stoviglie, bambole e libri di favole. Che le donne abbiano il coraggio di rinunciare a parte della loro maternità facoltativa per imporre ai padri dei loro figli di crescerli anche loro quei bambini che hanno messo al mondo (al 50%, non dimentichiamocelo mai).

Ma per fortuna, come ci dimostra anche quella fetta di uomini che cambia pannolini e che abita la blogosfera, non sempre è così ed è per questi padri che noi tifiamo, non perché gli si debba applaudire come a un’eccezionalità ma affinché diventino la norma.

E allora voglio chiudere con uno stralcio dal blog Pensieri di un papà che cresce una figlia nel dolore coraggiosissimo di averne persa un’altra. Un post che tutti dovremmo rileggere quando ci sentiamo stanchi, affaticati e ci chiediamo se non stavamo meglio quando potevamo andare a fare l’aperitivo invece di preparare pappine:
Mi sembra ieri di averti vista nascere, di aver sentito il mio senso paterno crescere di minuto in minuto, di aver vissuto così pienamente l’intensità del nostro rapporto…I ricordi sembrano velarsi…ma non nel cuore…e non ricordo arrabbiature, ne capricci…Ricordo la tua dolcezza, il tuo desiderio di mamma e papà, le febbri che “costringevano” il Papy a tenerti a dormire tra le sue braccia…..eh eh!
Ricordo una bambina che a due anni sapeva riconoscere le lettere e anche la ”K”…eh eh!…a tre che i verbi finiscono in Are Ere Ire….
Ricordo ogni volta che qualcuno si è stupito per i tuoi “grazie”…..i “per favore”…..i “prego”….i “posso?”
Ricordo quando alla festa del tuo 1° compleanno hai deciso di stupire tutti, lasciare la mano di papà e iniziare a camminare da sola…..
e anche la felicità delle nostre schiene….)


fonte: magazine.liquida.it

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