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Da figlio a fratello
Pubblicato il: 01/01/2011  Nella Sezione: Tutto io devo fare
La rivoluzione avviene nella maniera più rapida e meno indolore possibile: nonostante ogni accortezza, tutte le rassicurazioni del caso e la preparazione 'psicologica' che ha preceduto il momento fatidico, il fratello è piombato in casa senza bussare, con la sua culla, i suoi pianti, le poppate e le veglie notturne. E Dodokko si è ritrovato, da un giorno all'altro, a essere, nella sua percezione, sempre meno un figlio e sempre più un fratello. Un processo che i genitori non avvertono nella sua velocità altissima, ma che di fatto è tale nella realtà e nella mente del primogenito, molto più sensibile nel cogliere certi mutamenti radicali.  
Dunque, il passaggio netto da figlio a fratello, il tentativo di mamma e papà, fallito fin da subito, di rallentarne gli effetti traumatici e tutto il carico di conseguenze di una trasformazione necessaria: niente più figlio in esclusiva, mai più centro d'ogni attenzione e, soprattutto, genitori e punti di riferimento condivisi con qualcuno mai visto né sentito prima. Avviene tutto questo all'inizio del rapporto di fraternità: un tradimento e una sottrazione di affetto a spese di chi si e sempre sentito amato e a giovamento di chi prima non è nemmeno mai esistito.
Non convincono le esternazione d'affetto imparate a memoria e mai veramente metabolizzate, così come è addirittura spiacevole, adesso, qualsiasi morale inculcata di amore fraterno: i "ti voglio bene", gli abbracci, i baci e le carezze di Dodokko al fratellino non sono altro che i "ti voglio bene", gli abbracci, i baci e le carezze che, ora più di prima, lui stesso vorrebbe ricevere e che ci chiede.