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Un papà rinuncia a difendersi in Tribunale "i documenti non valgono nulla figuriamoci la mia parola"
Pubblicato il: 30/11/2010  Nella Sezione: Separazione

Avellino- Un’odissea giudiziaria, iniziata dopo il divorzio. Vissuta da un padre con l’angoscia di dover rinunciare al figlio e conclusa con la segnalazione di un giudice del tribunale di Avellino al Consiglio superiore della magistratura e la decisione - comunicata al presidente del palazzo di giustizia di piazzale de Marsico - di rinunciare a qualsiasi tipo di difesa nel prosieguo del procedimento avviato nei suoi confronti. E non solo: la “comunicazione” ufficiale ai magistrati che in caso di condanna pecuniaria «non sarò in grado di attenermi all’ordinanza » perchè non voglio «negare a mio figlio un giocattolo nel giorno di Natale, il pigiama, le scarpe, il libro delle favole, il pallone, i vestiti, il riscaldamento, le merendine, lo zoo, un film al cinema ». Una storia emblematica, simile a quella di tanti traumatici divorzi. Il dramma dei papà, spesso sottovalutato. Al punto che sono nate diverse associazioni che tutelano i loro diritti di genitori separati e con figli. «Sono finito in questo mondo surreale - racconta Francesco F., di Avellino - quattro anni fa. Insieme a mia moglie e al bambino, che aveva tre anni. Se allora mi avessero predetto quello che sarebbe avvenuto e che sta avvenendo, non ci avrei creduto. E avrei fatto male».

Cosa è accaduto...
«Sintetizzo. Ricorso giudiziale, udienza presidenziale rinviata per assenza giustificata da certificato medico, e con la conseguenza che non ho potuto vedere mio figlio per sette mesi, contro ricorso giudiziale, udienza presidenziale, ricorso in corte d’appello, ricorso al tribunale dei minori...»

Perchè anche il tribunale dei minori?
«Mio figlio aveva una anoressia di tipo psicologico, certificata in ospedale ma mia moglie non aveva intenzione di prestargli le cure individuate dopo la diagnosi...»

E poi...
«Ispezione degli assistenti sociali, ctu psicologica a seguito del ricorso urgente che mi è stato opposto per l’individuazione della scuola elementare in cui iscrivere il bambino. E ancora una nuova ctu psicologica per verificare se fosse ancora la migliore soluzione l’affido condiviso al cinquanta per cento con il pernottamento del piccolo per tredici giorni al mese presso la mia abitazione».

Una storia infinita...
«Infatti. Comunque, nonostante il giudizio sia ancora in corso, da questo labirinto fantascientifico ne sono uscito “vivo” e senza conseguenze (ho mantenuto intatto il mio rapporto con il bambino e i miei tredici giorni e tredici notti insieme a lui), ma non indenne. Si diventa sempre più timidi, insicuri. Ci si domanda cosa succederà ancora. Il portafogli si svuota e la testa si riempie di incertezze, di paura e un po’ di vergogna».

Solo processi civili?
«Purtroppo no. Spero di uscire indenne dal processo penale e che mi vede imputato. Si sta celebrando in tribunale per presunti maltrattamenti denunciati da mia moglie a cavallo delle udienze presidenzali. E’ superfluo dire che questi fatti non sono mai avvenuti. Ma non solo...»

Cioè...
«Spero di passare indenne anche il giudizio del giudice di pace al quale mia moglie si è rivolta per il riconoscimento della mia quota spese straordinarie sostenute per il bambino. Ma il sapone, il dentifricio, gli integratori alimentari, le goccine di acqua salata per il naso, il sapone intimo femminile, la pomatina per le gengive e via di seguito, le sembrano spese straordinarie? Tant’è che andremo a rispondere anche di questo in tribunale. Ma consideri che solo per mio figlio corrispondo 500 euro al mese e per mia moglie altri duecento...»

La sua situazione economica...
«Sono un piccolo commerciante. Mia moglie lavora, è un dipendente pubblico. Ha la casa coniugale, altri fabbricati e terreni. Cose che io non ho. Queste cose le ho provate e sottoposte al giudice...»

E allora?
«Ha ordinato delle indagini della finanza per trovare conferme. Le ha trovate, dopo cinque mesi. Ma non è servito a nulla. Il magistrato, con un gioco di prestigio, mi ha attribuito potenzialità di reddito derivanti da un mestiere che non ho mai fatto. A niente è servito provare con fatti e documenti che svolgo un’altra professione. E che quelle potenzialità in realtà non esistono. Dove non hanno potuto gli atti - evidentemente - hanno avuto ragione i pre-giudizi, quelli che un giudice non dovrebbe mai avere».

Quindi...
«Questo è il motivo che mi ha spinto a denunciare i fatti al Consiglio superiore della magistratura. Ed è sempre questo il motivo che mi ha convinto a comunicare al presidente del tribunale di Avellino che nel giudizio civile in corso non opporrò più alcuna difesa: se i documenti non servono figuriamoci che valore avrà la mia testimonianza. Se il giudice ha già deciso emetta pure la sentenza ».

Teme conseguenze?
«Da oggi in poi potrei essere massacrato da quel giudice o da chi per esso deciderà di annullarmi anche come padre e che faranno di tutto per delegittimarmi e in qualche modo umiliarmi».

La sua paura più grande?
«So che probabilmente raggiungeranno lo scopo di dividermi da mio figlio. Fino a ora non ci sono riusciti con le Ctu e con gli assistenti sociali. Domani ci riusciranno, perchè sarei nella materiale impossibilità di versare l’assegno di mantenimento impostomi a seguito di un provvedimento assurdo e abnorme. Le ripercussioni giudiziarie saranno inevitabili. Eppure...»

Eppure...
«C’è un momento in cui devi scegliere da che parte stare. C’è un momento in cui devi scegliere tra l’orgoglio e la dignità. C’è un momento in cui devi condividere con gli altri la tua esperienza e non ti puoi più nascondere, vergognarti. Non puoi subire tutte le ingiustizie in silenzio. Non puoi non denunciare le “incapacità”, l’incompetenza di chi ti deve tutelare applicando la legge. Massacrato sì, ma vigliacco no. Devo avere il coraggio di guardare mio figlio negli occhi con fierezza. Perderò la mia battaglia, ma almeno ci avrò provato».

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