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Jorge Lorenzo: un mondiale meritato e il difficile rapporto con il padre
Pubblicato il: 14/10/2010  Nella Sezione: Paternità

SEPANG - Un grattacielo che buca le nuvole e la notte. Al piano numero trenta c'è una festona di quelle che sai che entri in piedi ma non sai proprio come ne verrai fuori. Una piscina con vista sulle luci di Kuala, house a manetta e molta voglia di arrivare fino all'alba e pure più in là. ''Ci siamo andati vicini'' dice Jorge Lorenzo sorridendo. Quella era la sua festa e anche se lui dice ''Mi sono sfatto per davvero'', il pomeriggio che segue di tracce di una notte ubriaca e felice sulla sua faccia non se ne vedono neanche un po'.

Lorenzo, la prima cosa che ha pensato al risveglio?
''Oddio, ma sono il campione del mondo''.
Beh, aveva anche cantato "we are the champions" nel microfono insala stampa.
''Sì, l'ho fatto per sciogliermi. Ero quasi paralizzato da quello che era successo. Invece un giorno così speciale merita solo pazzie. Come stonare una grande canzone dei Queen davanti ai giornalisti di tutto il mondo''.
Avrà ricevuto tanti messaggi di congratulazioni. Quello che salverebbe per sempre?
''Tutti. E' arrivato anche un fax con le congratulazioni del Re e del capo del governo. Poi gli amici. Le telefonate coi miei...''.
Già. Cosa le ha detto suo padre? Il vostro non è mai stato un rapporto semplice.
''Lui è freddo. E' fatto così. Mi ha detto: "Ce l'hai fatta". Ma io so che in fondo in fondo era commosso anche lui''.
La sua non è stata

 

una vita semplice. Per caso in queste ore ha ripensato a quel bimbo che a quattro anni correva sulla pista di Kart sognando un giorno come questo?
''Ho pensato a tante cose. Anche al giorno in cui ho dovuto dire a mio padre di non farsi più vedere su un circuito. Forse è stato il momento più duro della mia vita. Un padre è un padre. E io quello volevo, non un manager''.
Poi, col tempo, l'ha ritrovato. E questo è ciò che conta.
''
Sì, è stato bellissimo. Ma nel frattempo dovevo vincere e diventare grande. Non dico solo come pilota. Ma anche come uomo''.
Perché Jorge Lorenzo in questi anni ha lavorato duro.
''Sì, di solito un pilota pensa solo ad allenarsi con la moto. Io invece mi sono dovuto allenare anche come persona. Ero troppo chiuso, troppo introverso e arrabbiato col mondo''.
Una cosa di famiglia.
''Beh, mio padre è così. I rapporti umani non sono il suo forte. Ma io non volevo diventare come lui. E così un giorno sono andato a una, come si dice, una specie di scuola di comportamento''.
E allora?
''Beh, c'erano persone gentili. All'inizio le guardavo con un po' di sospetto. Mi dicevano: dai, sorridi. Provaci. Allora mi sono lasciato andare. Pazzesco. Era quella che volevo. E quello che la gente voleva da me. Sono un ragazzo fortunato, non potevo non imparare a sorridere''.
E oggi lei è un ventitreenne felice. E sereno.
''Sì, perché poi anche se la vita mi ha dato qualche lezione penso che, facendo i conti, mi è sempre andata bene. Per un ragazzino di Palma di Maiorca arrivare lontano è quasi impossibile. Io a dieci anni aspiravo al massimo afare motocross. Poi una serie di circostanze favorevoli hanno fatto sì che venissi notato su un video da Amaitrain. Da lì è cambiato tutto. E dopo due mondiali in 250 ecco che ho realizzato il grande sogno''.
Ma lei lo sa che i tifosi di Valentino dicono che se il 46 non si fosse fatto male... ora saremo qui tutti a raccontare un'altra storia.
''Certo. I tifosi sono così. Anche i miei se perdo trovano tutte le giustificazioni possibili. E' normale. Poi però è giusto dare una spiegazione imparziale''.
Allora diamola.
''Beh, quando siamo arrivati al Mugello io comunque ero davanti e avevo vinto due gare. E forse se Valentino ha fatto un errore è perché sapeva di dover andare al limite. So bene che se non fosse caduto la lotta sarebbe stata dura, ma io questo titolo mondiale me lo sono meritato tutto''.
Tanto il duello mica è finito qui. Il prossimo obiettivo?
''Continuare a vincere il più possibile''.
Bella sfida. Una più originale?
''Diventare una persona migliore. Trasmettere felicità e serenità alle persone che mi stanno intorno''.
Solo da fermo, però...
''Eh sì, in pista è tutta un'altra storia''.

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