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Giochi per bambini: la crisi economica porta i genitori a scegliere giochi più tradizionali, come il Lego
Pubblicato il: 14/05/2010  Nella Sezione: Crescita

Via il dinosauro robotizzato dai mille movimenti e dalle luci strabilianti, ma che dopo una settimana rischia di annoiare il bimbo. I soldi scarseggiano e, nella scelta dei giocattoli, si torna all’antico, alle costruzioni, al legno, ai pupazzi di pezza. Con due imperativi: il costo contenuto e la lunga giocabilità. A spiegare la riscossa dei classici giocattoli di un tempo, quelli che sembravano ormai soppiantati dall’alta tecnologia, ci ha pensato l’azienda più classica del settore, la Lego. Che, alla faccia di ogni crisi, nel corso della Fiera del giocattolo di Norimberga, ha annunciato una crescita delle sue vendite 2009 nell’Europa Centrale del 14%. Certo, Lego si è ormai diversificata, tra vecchio e nuovo, mattoncini e videogiochi. Ma «a guidare il nostro successo - ha detto Dirk Engehausen, managing director del gruppo danese - sono stati i prodotti tradizionali come Duplo, Lego City, Lego Technic e Lego Guerre Stellari». Mattoncini alla riscossa, dunque. Boom in Centroeuropa. Ma boom anche in Italia, dove allargando lo sguardo «il settore delle “costruzioni” - spiega Silvio Castelli, direttore per l’Italia di Npd, società di ricerca che monitora anche il settore dei giochi - è cresciuto del 20% nel 2009».

Effetto crisi
Grande exploit, dunque, nell’anno della grande crisi. «Chi credeva che i giochi tradizionali sarebbero stati soppiantati dai videogames - ha del resto commentato Engehausen - dovrà ricredersi». Una riscoperta che è in larga parte merito di questa crisi che ha ristretto i portafogli e acuito l’ingegno. «Quando le famiglie si trovano a dover fare i conti prima di ogni spesa, quando acquistano giocattoli preferiscono quelli con un tasso di riutilizzo maggiore», spiega Castelli. Ed è qui che il nostro robot-dinosauro perde punti: «Dopo due settimane rischia di stancare un bambino». E per i genitori si rivelerà una spesa inutile. E no, in tempi grami non si può rischiare. Con i vecchi cari giocattoli, il discorso è differente. Prendiamo un’azienda torinese sulla piazza dal 1950: Quercetti. Coi chiodini in plastica di «Coloredo» ci giocavano i nonni dei bimbi d’oggi. Ma questi ultimi sembrano gradire la semplicità di giochi di un tempo: chiodini, piste di biglie e ingranaggi.

«Negli ultimi due anni, nonostante la crisi, abbiamo registrato una crescita a due cifre del nostro fatturato italiano», dice la responsabile delle vendite Italia, Sandrine Sarmeo. Nel 2008 fu un +18%, nel 2009 un ulteriore balzo del 14%. «In momenti di difficoltà economica - prosegue - la gente vuole maggior qualità e giocabilità, dare ai bambini la possibilità di dare più spazio alla fantasia, limitata nei videogiochi». E sembra al tramonto l’era del “made in China”. «Periodo passato, ora si guarda di più ai materiali, alla sicurezza. Insomma, nella scelta del gioco si guarda anche al made in Italy», conclude Sarmeo.

Presepi e cucine
Il ritorno al gioco antico è stato registrato anche dall’associazione delle imprese di settore, Assogiocattoli. Il suo direttore generale, Paolo Taverna, misura questa tendenza anche con la lente dell’ultimo Natale, «quando si è registrata un’impennata del consumo delle decorazioni natalizie, presepi, alberi... Nei momenti di crisi si riscoprono i valori della tradizione, della famiglia. Il giocattolo non fa eccezione, permette di rifugiarsi nella memoria, ricordare ai genitori i tempi passati attraverso i regali fatti ai figli». Taverna ancora ieri era alla Fiera di Norimberga. «E il Padiglione numero 3, dedicato ai giocattoli di legno, è pieno: c’è grandissimo interesse». Legno significa costruzioni, pupazzi (ricordate i Pinocchietti?), cucine giocattolo. E allo stesso tempo c’è un ritorno della bambola.

«Non tanto quelle alla moda, come le Barbie o le Bratz. Troppo care, di questi tempi. Crescono i piccoli pupazzetti collezionabili, come cuccioli e simili», spiega Castelli. Roba che non impegna e che non stanca. Il prezzo, dopotutto, è dirimente e oggi «mediamente ci si concentra nella fascia tra i 5 e i 15 euro», calcola il manager di Npd. Ma una cosa è certa: «In Italia il giocattolo non è finito in cima alla lista dei tagli per la crisi. Semplicemente è cambiato il modo di sceglierlo», dice Alberto Belli, direttore marketing di Clementoni. Che in casa si ritrova un altro piccolo fenomeno. È Sapientino, gioco a contatto elettrico sulla scena dal lontano ‘67 che, dopo anni di stanca, è tornato a vendere bene, con una crescita 2009 «tra il 25 e il 30%». Merito di nuove linee pensate anche per i ragazzini in età scolare. «Ma è pure chiaro che con la crisi anche nel gioco la reazione è sempre la stessa: rifugiarsi nei sempreverdi, nei grandi classici». Come il Lego, il mattoncino che da Norimberga ha ripreso a guidare la carica della vecchia guardia delle camerette.

fonte: lastampa.it del  2010