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Quando la diagnosi sulla dislessia spaventa
Pubblicato il: 17/10/2011  Nella Sezione: Salute

Con il termine dislessia ci si riferisce ad un disturbo specifico dell’apprendimento, che interessa la capacità di leggere e scrivere correttamente e in modo fluente, in una condizione di funzionamento cognitivo adeguato. A causa di un’alterazione neurobiologica, la persona dislessica ha difficoltà nel riconoscere lettere, parole e il relativo significato.

Se una volta la diagnosi poteva avvenire tardivamente, oggi già durante i primi anni delle scuole elementari i bambini con tale difficoltà vengono riconosciuti. Questo è un notevole vantaggio per due motivi principali: permette di iniziare in età precoce di un supporto adeguato al bambino e di evitargli inutili frustrazioni dovute a stimolazioni inopportune.

Purtroppo una simile diagnosi scatena tutt’oggi reazioni d’angoscia a livello familiare.

Partiamo dal fatto che in Italia è ancora poco conosciuta: se cerchiamo nella rete personaggi famosi, stranamente troviamo un lungo elenco di nomi stranieri, pochissimi italiani. A fronte di questa scarsa conoscenza, alla dislessia si associa erroneamente il dubbio di un ritardo globale della sfera cognitiva. I bambini dislessici, invece, non evidenziano alcun deficit intellettivo, né sensoriale né neurologico: leggono e scrivono con difficoltà, ma sono bambini intelligenti e molto creativi.

A questo aggiungiamo che con l’entrata alla scuola elementare (a volte anche prima), leggere e scrivere diventano le abilità sulle quali più si concentrano adulti e bambini. Il disegno, il canto, le abilità manuali in genere passano in secondo piano rispetto a quelle “linguistiche” come, appunto, leggere e scrivere. Inoltre, la scuola è l’argomento centrale della vita di un bambino e della sua famiglia e, tra lezioni e compiti a casa, occupa gran parte della giornata. La dislessia va a porsi proprio in quell’ambito di capacità più discusse e esercitate.

Diventa, quindi, facile capire il livello di frustrazione e di ansia che il bambino vive e con lui la sua famiglia. La scuola diventa un incubo, arrivano i primi voti negativi, le corse da specialisti, tutto inizia a ruotare intorno alla scuola e alle difficoltà a leggere e a scrivere.
Può aver inizio una spirale devastante: il bambino si sente inadeguato, i genitori altrettanto inadeguati e in colpa, iniziano i conflitti con la scuola in un’inutile caccia alle streghe (colpa degli insegnanti o dei genitori o del bambino che non si impegna?). Tutta l’ansia e la preoccupazione possono riversarsi in estenuanti esercitazioni, rimproveri o incoraggiamenti senza fine.

Il primo passo per interrompere questa escalation, ovviamente, è rivolgersi ai servizi per la diagnosi e affidarsi ad esperiti nel trattamento della dislessia. A ciò è necessario associare il bisogno della famiglia di fermarsi. Fermarsi per esprimere la preoccupazione, la vicinanza e il rapporto tra bambino e genitori, fonte unica di sicurezza e serenità per il piccolo. Fermarsi per dirsi che leggere e scrivere velocemente non solo la cosa fondamentale per realizzarsi nella vita: Anderson ha comunque scritto le sue intramontabili fiabe, Agatha Christie i suoi gialli, Albert Einstein, Galileo e Charles Darwin hanno fanno le loro scoperte nonostante la dislessia.

Fermarsi per spiegare al bambino che non si è migliori se si legge più velocemente, che mamma e papà non lo amano di meno se i voti in italiano e storia sono bassi (e sì, i bambini hanno paura di essere rifiutati e non amati dai genitori se non sono adeguati alle aspettative altrui). Fermarsi per congratularsi per lo sforzo nell’affrontare quest’esperienza e per sottolineare esplicitamente tutte quelle capacità che il bambino possiede e che gli serviranno per affrontare la scuola e la vita.

Un clima sereno e accogliente aiuta sia il bambino che i genitori a far fronte alla dislessia con maggiore tranquillità e lucidità rispetto alle scelte da fare quotidianamente.

fonte: guide.supereva.it