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Cancellare l'infanzia nell'attesa di giorni migliori
Pubblicato il: 13/12/2010  Nella Sezione: Tutto io devo fare

 

"Hai letto la notizia su Repubblica di stamattina? Sembra che i bambini che frequentano il nido andranno meglio a scuola", mi riferisce entusiasta un mio collega a pranzo. "Sì, l'ho letta. E tu hai visto che apprendono meglio l'italiano quei bambini ai quali i genitori sono soliti raccontare la propria giornata piuttosto che leggere loro un libro?", gli faccio eco citando 'lo studio' pubblicato sul Corriere della Sera.
Quante novità, oggi sui giornali! E quanti consigli per investimenti sicuri, a breve e medio termine, per il bene dei figli! Mi viene in mente la storiella secondo la quale il nido fa bene ai piccoli perché, ammalandosi continuamente, rafforzano il proprio sistema immunitario. Secondo i teorici di questa impostazione, sarebbe un bene che i neonati di pochi mesi si riempiano di antibiotici e di cortisonici per contrastare batteri e virus che, se inizialmente dannosi, non tarderanno prima o poi a rivelare le proprie benefiche virtù.
Mi sembra che il presente, come al solito, conti poco, talmente siamo proiettati e proiettiamo con noi nel futuro i nostri figli. Mi pare che l'oggi non abbia importanza alcuna per noi: si tratta di un tempo altamente sacrificabile in nome di un domani in cui raccoglieremo i frutti delle nostre rinunce e di quelle dei nostri bambini. Ma può anche l'infanzia prestarsi a questo gioco ed essere quasi cancellata nell'attesa di giorni migliori?
Non sono d'accordo con questo modo di ragionare e mi rattristo ogni qualvolta i genitori sacrificano il presente dei bambini nel nome di un futuro, vicino o lontano che sia, ma che i figli stentano a intravedere perfino con il cannocchiale.
Bisognerebbe tenere maggiormente in considerazione quelli che sono i bisogni e le aspettative dei bambini,  e non pensare soltanto a ciò che per noi è soddisfacente o che in futuro, secondo i genitori, li renderà adulti felici. Dobbiamo pensare di più alla loro contentezza di oggi e non smettere mai di chiederci, anzitutto, se i nostri figli sono - oggi e non domani - felici.
Secondo lo studio citato da Repubblica - che riporta una ricerca della Fondazione Agnelli firmata dalla Facoltà di Economia politica dell'Università di Torino - i bambini, che hanno frequentato il nido, alle elementari sono più bravi in italiano e in matematica: una notizia sorprendente, in un paese come l'Italia, dove esiste ancora "una forte diffidenza a far uscire da casa i propri piccoli almeno fino ai tre anni di vita". E in cui per fortuna "molti psicologi e psicoterapeuti mettono in guardia dal senso di sradicamento e di abbandono che può nascere in bebè affidati a sette, otto mesi a cure esterne alla famiglia".   
Nel Rapporto Ocse-Pisa citato dal Corriere, "lo studio più serio del mondo nel campo dell'istruzione", invece, il racconto della giornata dei genitori fatto ai figli dai sei anni in sù farebbe prendere 32 punti in più rispetto alla media agli stessi figli quindicenni sottoposti ai test di 'competenza in lettura'. Molto meglio, dunque, di quei bambini ai quali piace addormentarsi dopo aver letto Pinocchio.
Tutte buone motivazioni, quelle di desiderare che i propri figli siano più bravi in italiano e in matematica e sappiano leggere e comprendere meglio dei compagni. Ma a discapito di cosa? Nel primo caso, di un probabile prematuro distacco dalla famiglia per essere affidati, ancora in fasce, alle cure terze di un 'personale docente' rinunciando così a un rapporto affettivo continuativo con i genitori. Nel secondo, del gioco e della fantasia, sacrificati alla realtà del mondo adulto, molto più formativa se vogliamo, ma probabilmente molto poco interessante per i bimbi di prima elementare.