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Alex Bellini, dall'oceano all'Alaska ed ora papà
Pubblicato il: 24/10/2010  Nella Sezione: News

Un uomo conosciuto in tutto il mondo, che ha fatto le traversate oceaniche in barca a remi, che ha corso in Alaska trainandosi dietro la slitta e nel deserto marocchino per 280 chilometri: è Alex Bellini. A Gazzolo ci è arrivato a marzo con la moglie: coppia giovane, lui coi boccoli castano chiaro e due occhi «marini» che non ti scordi, lei capelli e sguardo d'ebano assieme a una figlia piccola, nemmeno un anno di età.

Ecco la famiglia di quell'Alex da Aprica che è sinonimo di avventura, record, esplorazione. Alex ha 32 anni ed ha passato gli ultimi dieci tra terra (New York City Marathon, Marathon des Sables e Iditarod in Alaska) e mare (le traversate oceaniche in solitaria e in barca a remi di Atlantico e Pacifico). Attualmente lavora con l'aria perché, da quando ha conquistato il brevetto inglese da pilota di mongolfiere e da quando è papà di Sofia, ha deciso di usare una mongolfiera per sposare passione e business. «L'idea mi è venuta nei 294 giorni di navigazione da Lima alla costa australiana di New Castle, tra febbraio e dicembre 2008. Pensavo a Francesca, mia moglie, al mio desiderio di famiglia: la mongolfiera era il modo per tenermi a terra», racconta. Dalla Valtellina Alex strizzava l'occhio al Veneto, «una delle tre regioni top d'Italia, attenta al turismo, bellissima e dal punto di vista del meteo una delle più indicate al volo in mongolfiera», dice, e così, complice l'essere a metà strada tra casa dei suoceri (a Trieste) e le sue montagne, la scelta è caduta sul Veronese.

Tutto bello «a parte i vigneti, che penalizzano un po' perché non offrono punti di atterraggio»: meno male che qualcosa di buono le vigne la fanno, «ottimi vini, che ho imparato a conoscere con le cene di Alessandra, una mia amica sommelier che abita a Castelcerino», ammette Bellini. E così salta fuori pure l'idea di offrire degustazioni in volo con tanto di sommelier. Intanto lui vola in mongolfiera tra San Bonifacio e la Bassa veronese. A Gazzolo, dove ha scelto di mettere temporanee radici, in pochi sanno chi sia: «Non ho mai sbandierato quello che faccio anche se mi è capitato che qualcuno, al supermercato, mi avvicinasse e mi dicesse di aver seguito le mie imprese. Diciamo che per quello che mi riguarda c'è poco chiacchiericcio, magari tra parrucchiera ed estetista di Francesca le cose escono di più», sorride Alex, godendosi questa dimensione di paese che gli ricorda le 1200 anime della sua Aprica. Gazzolo, una bella casetta ma rigorosamente in affitto: «Non compererò mai casa perché né io né Francesca amiamo le scelte definitive. Ci piace avere sempre una via d'uscita che significa avere uno stimolo continuo». Resta il fatto che a fare il nomade, per un po' almeno, confessa di rinunciarci: «Tre-cinque anni di stabilità non sarebbero male. È sempre capitato», confida, «di dover lasciare una casa poco dopo aver appeso l'ultimo quadro. Beh, stavolta l'ultimo lo lascio appoggiato al muro». Un Bellini stanziale sarebbe una notizia, e infatti così non è: «Adesso mi calmo un po', non ho alcun progetto avventuroso… ma per il 2012 bolle in pentola qualcosa di divulgativo-scientifico sospeso tra terra e acqua». Poi si tappa la bocca. Cosa gli abbia regalato la possibilità di inseguire i suoi sogni, lo chiarisce il suo lavoro da «speaker motivazionale» e da formatore che insegna a vincere le paure, raggiungere gli obiettivi, essere leader e costruire un team. Vivere per passione, appassionarsi per vivere: Francesca l'ha seguito su ogni strada, mare e cielo, e insieme si sono inventati il mestiere, in società (www.alexbellini.net), di portare fino a tremila metri di quota i sogni e i desideri della gente.

E c'è Sofia, la loro sintesi: «Sarò felice se vorrà fare, che so, la sarta: ma solo se sarà la sua vera aspirazione e non l'accontentarsi». Ci sono voluti 18 mila chilometri in mare per fargli trovare le parole da regalare a Sofia: «Bisognerebbe insegnare ai nostri figli, prima ancora di battersi per vincere, di battersi per vivere, di non avere paura di osare e che il valore di un uomo non è dato dal numero di volte che è salito sul gradino più alto del podio, ma da quante volte ha saputo, dopo una caduta, rialzarsi». Chissà quanto lo ripete alla piccola Sofia impegnata nella ciclopica sfida di mettere uno dietro l'altro i suoi primi passi.

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