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E' il momento di dire la vostra: 1. spunto
Pubblicato il: 26/03/2010  Nella Sezione: Paternitā 

Iniziamo oggi una serie di articoli su "Diventare padri".
Questo spazio è stato pensato da Paternità Oggi per diventare un punto di incontro/scontro, un punto di riflessione e scambio di opinioni sulla paternità. Gli argomenti che verranno trattati in questa sezione sono basati su ricerche fatte da esperti. 

Ma quanto è diversa la realtà di chi vive in prima persona la paternità? Quanto c'è di vero nelle ricerche? Quanto vi ritrovate nelle descrizioni che verranno via via affrontate in questo spazio?
E' qui che potrete e dovrete dire la vostra
. E' un'occasione di confronto, non sempre possibile nella realtà perché incontrare altri padri e avere l'occasione di parlare dei propri figli o di quello che si prova non è facile.

Ogni settimana tratteremo una tematica diversa e con voi, papà novelli o papà con lunghe esperienze alle spalle, cercheremo insieme di andare a fondo su ognuna di esse.

I testi sono tratti da uno studio effettuato dall'Istat (che ci ha gentilmente concesso l'uso) a cura di: Alessandro Rosina e Linda Laura Sabbadini.

Il tema di questa settimana è un'introduzione all'argomento. Si parla di come i cambiamenti sociali ed economici abbiamo un po' stravolto il ruolo dell'uomo e della donna nell'ambito familiare. Si dice che è soprattutto il cambiamento della donna ad aver influito notevolmente sul cambiamento dell'uomo

1. Spunto
Per mettere su famiglia e fare figli bisogna essere in due. Eppure l’ampia letteratura scientifica su fecondità e figli è quasi esclusivamente basata su dati riferiti alla sola popolazione femminile. Il ruolo maschile è stato, fino agli anni più recenti, generalmente ignorato, o nel migliore dei casi, relegato ad un ruolo di contorno.

Le giustificazioni di ciò sono varie.

La fecondità femminile è più facile da ricostruire e misurare,
sia per il fatto che la maternità è certa, mentre la paternità non lo è, sia per il motivo che le donne hanno una delimitata e ben definita fase di vita feconda, mentre gli uomini possono teoricamente avere figli anche in età molto avanzata.


Inoltre un uomo può potenzialmente avere un numero elevatissimo di figli, mentre per la donna tale numero è molto più limitato. In società generalmente monogame, con unioni stabili, fecondità relativamente elevata e poco regolata, ai figli di una data donna corrispondono sostanzialmente quelli di uno specifico marito.
Inoltre le determinanti del processo riproduttivo sono costituite soprattutto da aspetti biologici, legati in particolare all’età femminile.

Nelle società tardo moderne, come quelle occidentali contemporanee, la situazione è però notevolmente diversa, come esito soprattutto delle trasformazioni socio-culturali intervenute degli ultimi decenni del XX secolo. Come afferma, del resto, il sociologo Anthony Giddens (1999):
“Fra tutti i cambiamenti che sono in atto nel mondo, nessuno è più importante di quelli che riguardano le nostre vite personali: sessualità, relazioni, matrimonio e famiglia (...)".

In particolare il ruolo della donna nella società è cambiato,
con conseguente rinegoziazione complessiva del sistema di genere
e quindi messa in discussione
della tradizionale asimmetria dei rapporti sociali e familiari.


Nel pieno della società industriale diventare adulta per una giovane donna corrispondeva all’acquisizione del ruolo di moglie e madre. Il matrimonio costituiva il marcatore cruciale di tale percorso. Il forte aumento dell’istruzione e le maggiori opportunità di realizzazione lavorativa e professionale, hanno consentito alle donne di ottenere sempre maggiore importanza nella società. Lo sviluppo di metodi efficaci di contraccezione ha inoltre reso possibile una sempre maggiore
autonomia in materia riproduttiva. La formazione della famiglia risulta sempre meno governata da norme tradizionali, ed è sempre più il risultato di un processo decisionale che implica una negoziazione tra i coniugi (Huinink 1995).

Alcuni studi hanno ad esempio evidenziato che “la recente posticipazione della maternità non è dovuta solamente alle donne stesse, ma anche ai loro mariti” (Latten, Hooghiemstra 2002). In particolare una quota rilevante di donne che non hanno ancora avuto il loro primo figlio oltre i 30 anni indica tra le principali ragioni il fatto che i loro mariti non si sentono pronti. Ciò a conferma dell’importanza di considerare entrambe le parti in causa del processo decisionale.

La teoria della new home economics (Becker 1981) mette direttamente in relazione le recenti trasformazione di tempi e modi di fare famiglia nei paesi occidentali con la crescita dello status socioeconomico femminile. La maggior indipendenza ed autonomia economica delle donne sarebbe, secondo la lettura fornita da Becker, tra i fattori principali della diminuzione della propensione a sposarsi e ad avere figli. Tale interpretazione appare in realtà parziale. Alcuni studi hanno evidenziato ad esempio, come più che i livelli raggiunti di investimento femminile in capitale umano, sia invece in molti contesti maggiore l’impatto, sul processo di costruzione della famiglia, della posticipazione dell’età del completamento del periodo di formazione (Blossfled 1995), e ciò riguarda in varia misura entrambi i generi.

Ancor più importante è riconoscere che le trasformazioni del ruolo e delle opportunità femminili producono impatti differenziati sul sistema familiare in funzione dell’evoluzione delle opportunità maschili e del riadattamento del ruolo dell’uomo nella società e dei rapporti di genere nella coppia (Rosina et al. 2003). Inoltre, tali trasformazioni interagiscono con le differenze socio-culturali presenti nei vari contesti, anche sub-nazionali.

Nel prossimo spunto si parlerà della maggiore libertà e maggiore possibilità di espressione che possono aver influenzato notevolmente il cambiamento del ruolo maschile nell'ambito familiare