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Incremento del 40% negli ultimi anni per richieste alle aziende di congedi parentali.
Pubblicato il: 24/06/2013  Nella Sezione: News

Pannolini e pappe non sono più "un'esclusiva" delle mamme, costrette a lasciare il posto di lavoro per badare al proprio bambino. Aumentano infatti in Italia le richieste di "congedo parentale facoltativo" da parte degli uomini.
Lo dimostrano i dati dell'Inps che nel 2008 ha stimato 233.588 lavoratori italiani richiedenti il permesso.
Di questi, 17.207 sono uomini.
La forbice è ancora molto divaricata, ma, tuttavia, c'è stato un forte incremento.

Nel 2005, infatti, le richieste di paternità nel settore privato (congedo fino a sei mesi entro i tre anni di vita del figlio) erano state 12.352, nel 2006 la quota era salita a 14.072 e nel 2007 a 16.148.

A conti fatti, nell'ultimo quadriennio l'aumento è stato quasi del 40% e sempre costante anno dopo anno.
Analizzando le stime dell'Inps relative allo scorso anno, emerge che i papà full-time risiedono prevalentemente nel Lazio (3.468 richieste, di cui 3.343 nella provincia di Roma).

Seguono la Lombardia (2.865 richieste, di cui 1.618 nella provincia di Milano), l'Emilia Romagna (1.895), il Veneto (1.375), la Toscana (1.235) e il Piemonte (1.122).

Chiudono la classifica il Molise (64 domande) e la Valle d'Aosta (57). Attenzione a non generalizzare il Sud come "mammone" solo perché i congedi di paternità si attestano su numeri piuttosto inferiori rispetto al Centro-Nord.

Tra le curiosità, infatti, c'è il caso della Basilicata dove i papà a tempo pieno sono stati 340, ma a fronte di 849 mamme, un rapporto molto più sbilanciato rispetto al resto d'Italia.

La legge sui congedi parentali con astensione facoltativa stabilisce che il padre, come la madre, ha diritto al permesso per un periodo di durata massima di sei mesi nei primi otto anni di vita del bambino con estensione a dieci mesi per i singles.
I due genitori possono usufruire del congedo anche contemporaneamente, ma la durata massima non può sforare i dieci mesi per coppia. L'indennità è pari al 30% della retribuzione media giornaliera per sei mesi entro il terzo anno di vita del figlio.
Da quel momento, fino all'ottavo anno d'età, l'indennità spetta a condizione che il reddito individuale del genitore richiedente non superi il tetto di 14.891,50 euro.
La circolare 112 dell'Inps, dello scorso 15 ottobre, ha introdotto un'altra novità, autorizzando il padre lavoratore dipendente con moglie casalinga a «fruire dei riposi giornalieri, nei casi oggettiva impossibilità da parte della madre di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnate in altre attività (cure mediche, accertamenti sanitari o partecipazione a concorsi pubblici)».

«È stata un'esperienza appagante e gratificante», racconta Mario, 36 anni di Milano, che quattro anni fa chiese il congedo parentale dopo la nascita della piccola Noemi.
«Lavoravo in ditta di autonoleggio e andai dal mio titolare a chiedere il permesso, rimase basito», spiega oggi con aria un po' divertita.
Per Mario la paternità era la condizione necessaria per mantenere in piedi il ristorante ben avviato dalla moglie: «Non potevamo lasciare i clienti in balia di una gestione provvisoria. Anziché pagare una baby-sitter, decidemmo di accettare una riduzione dello stipendio con la mia permanenza a casa al fianco di nostra figlia».

D'altronde, una nascita è sempre una gioia, ma a volte un imprevisto che scompiglia le carte in tavola.
Sofia è nata cinque settimane fa e Davide da quel momento è un papà in congedo.
La moglie Giorgia è impiegata presso uno studio legale con un contratto a tempo determinato con scarse possibilità di trasformazione a tempo indeterminato.
Davide, 29 anni banchiere romano, è stato obbligato a chiedere il congedo parentale.
«Rischiare di perdere lo stipendio di mia moglie - dice - sarebbe stato un disastro per l'economia familiare. La mia società mi è venuta incontro e ho spianato la strada per un altro paio di colleghi che pensano di fare lo stesso nei prossimi anni. Non tutti i mali vengono per nuocere - precisa il super-papà - quella che sto vivendo è un'esperienza bellissima che sia io che mia figlia ricorderemo per tutta la vita».

Marco, 32 anni, vive e lavora in un'impresa edile della provincia di Brescia.
Ha appena trascorso un periodo di paternità con suo figlio Andrea, di appena sette mesi: «È stata un periodo bellissimo, impossibile da paragonare ad altri momenti».
La cosa più bella per il "mammo" Marco è stata la riscoperta di luoghi e valori messi in secondo piano dal ritmo frenetico del lavoro: «È cambiata la mia sensibilità ai temi ambientali. Se ora sento parlare di smog, vado in apprensione per la salute del mio bambino, una caratteristica che credevo fosse esclusivo appannaggio delle madri. Credo quest'esperienza mi abbia cambiato in maniera diversa rispetto a molti colleghi che hanno vissuto in maniera tradizionale l'essere padri, continuando a lavorare e lasciando la moglie a casa».

fonte: eurogroup del 9 dicembre 2009
articolo di Piermaurizio Di Rienzo